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La letteratura Gotica

Il romanzo gotico nasce nella seconda metà del XVIII° secolo e genera una vera e propria rivoluzione in campo letterario.
La cezione “gotico” venne introdotta per la prima volta dal Vasari, nel Cinquecento, per identificare qualcosa di barbarico e spaventoso, facendo riferimento allo stile artistico e architettonico che si era diffuso in Europa tra il Trecento e il Quattrocento. Un’accezione assolutamente negativa che anticipa sicuramente quello che sarà nei secoli futuri.
Qualcosa di innovativo, coraggioso ma anche profondamente scomodo.

Tra il dicembre 1764, con la pubblicazione de Il Castello di Otranto di Horace Walpole e il novembre 1831 con l’ultima stampa di Frankenstein di Mary Shelley questo genere ebbe il suo massimo apice.
Le atmosfere cupe, i personaggi al limite dello squilibrio e quella sensazione di angoscia perenne permea tutte le opere di questo grandioso ciclo letterario. Un genere che scardina in toto tutte le convenzioni precedenti e mette a nudo le tante scomode ipocrisie che la società si porta appresso. I temi trattati prendono spunto dalle pratiche esoteriche, dalle leggende e anche da un profondo e crescente interesse verso l’ignoto. Spesso i protagonisti sono anime tormentate, in preda a deliri folli e inspiegabili, quasi vittime di un corto circuito che le condanna a vivere ai margini della società, nel tormento e nella disperazione senza fine.

Il fenomeno gotico non interessò solo l’Inghilterra, ma la stessa Europa.
Molti autori si recarono nei luoghi dove regnavano le leggende più macabre ma affascinanti al tempo stesso, quasi spinti da un perverso desiderio illuminista di conoscere l’ignoto. Antitesi della ricerca razionale, da cui però era influenzato nella passione: esplorare ciò che non si conosce fino a perdersi. Iniziano così ad emergere autori grandiosi come Lovecraft, uno dei padri di questo genere, che partoriscono opere assolutamente folli ma emblematiche. Produzioni letterarie che avrebbero affrontato il rogo nei tempi passati, ma che ora diventano delizia e diletto di una buona parte della società intellettuale.

Scavare nelle più recondite perversioni dell’anima, attingere a tradizioni assolutamente innominabili e perdersi nel fascino che capolavori come “Frankenstein o il moderno Prometeo” o “Il Ritratto di Dorian Gray” donano.

Frontespizio della prima edizione di “Frankenstein o il moderno Prometeo” – 1818.
Copertina del Lippincott’s Monthly Magazine, luglio 1890, che per primo pubblicò “Il ritratto di Dorian Gray“.

Straordinari esempi di quanto possa essere affascinante l’ignoto e il mondo occulto.
Tanto condannato nei secoli precedenti ma così tanto ammaliante a causa della assurda dicotomia cristiana tra bene e male che sa di pena e condanna.
Pena a non poter approfondire, condanna perché il desiderio di conoscere sa andare oltre, per insita natura umana.
Oltre ai confini del lecito, condannando l’anima alla perdizione fisica e mentale.

Esiste qualcosa di infinitamente più bello del proibito?